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"Con la scrittura non andrai mai da nessuna parte.

Cosa credi, che diventerai una scrittrice famosa?

Di poterlo fare come lavoro?

Se credi questo, sei davvero una stupida."

​

Cosa risiede nel cuore di chi scrive?
Tanti sogni, alcuni infranti come cristalli delicati, tante storie scritte e lasciate nel cassetto per paura del giudizio, altre pubblicate.
Molte paure, tanti dubbi, momenti bui, ferite insanate e storie mai raccontate.

​

Sono Mia Valentine, e questa è la mia storia.

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Il Blog di Mia Valentine

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Come sono passata dal voler diventare scrittrice, al pubblicare, e poi a smettere di scrivere per dieci anni?

Eh, di mezzo ce ne sono state, di cose, ne sono accadute molte.


Il 2013 è stato l'anno cruciale, anzi direi l'estate del 2013. Io non sono una persona superstiziosa, per nulla, ma forse dopo quell'estate avrei dovuto esserlo.

In quell'estate sono successe queste cose:

• sono stata ammessa alla Scuola Holden; • sono stata licenziata; • sono stata lasciata.

OK, detta così sembra tutto e niente, nulla di così sconvolgente.

Ma nulla è come sembra. Soprattutto le ultime due dell'elenco, quei due eventi sono collegati al mio romanzo e in generale alla mia attività di scrittrice.

Andiamo con ordine.

Se ho iniziato a leggere grazie al terzo libro della saga della Rowling, è merito del quarto, Harry Potter e il Calice di Fuoco, se ho iniziato a scrivere.

Anche qui, non ricordo il momento preciso, ma ricordo le sensazioni.


Ero alla seconda lettura del volume e, a certo punto, ho avuto come una folgorazione.

Un colpo di cannone dritto nel petto, tant'è che mi è mancato il respiro per un istante.

In quel momento, mentre leggevo, ho capito la magia che creano le parole. Le parole sono potenti, creano storie che possono far emozionare, piangere, arrabbiare, divertire.

In quel momento, ho capito che anche io ero fatta per creare quella magia. Ero fatta per scrivere.

Ho sempre scritto, se ci penso. Da piccola riempivo i quaderni con le righe da terza elementare di storie inventate da me.

E i temi di Italiano erano la cosa preferita, a scuola.

Ma è stato in quel frangente, mentre io stessa mi emozionavo nella lettura, che ho capito: sarei diventata scrittrice.

E allora, com'è successo che mi sono rotta dentro, spezzata?

No, in verità non odiavo leggere.

Ma odiavo dover leggere.

A scuola, i libri scelti per noi dall'insegnante, o nell'ora di lettura condivisa, in cui si leggeva lo stesso libro, a tema scelto dalla prof, ovviamente, ad alta voce, uno per volta.

Non sono mai riuscita a finire uno, dico uno, di quei libri; e quando gli altri leggevano ad alta voce, io ero andata avanti già di una ventina di pagine.

Ricordo di non essere mai riuscita a finire di leggere Piccole Donne. O quando la prof mi fece leggere La fattoria degli animali "perché a te piacciono gli animali" e ci misi due mesi per finirlo, ovviamente delusa dal fatto che non parlasse di animali. Gli altri nemmeno li ricordo.

Quindi, mi sono avvicinata alla lettura e ai libri per davvero solo una volta iniziate le scuole superiori. Non c'era più nessun obbligo, nessuna imposizione.


Non ricordo di preciso quando ho iniziato a leggere per davvero, per me stessa, ma ricordo con quale libro: Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban.

Avevo visto i primi due film al cinema e, curiosa di sapere come proseguisse la storia, decisi di leggere il terzo libro.

È stato in quel momento, che mi sono sentita come a casa.

Perché io, in quel periodo, una casa non l'avevo, non più. Quand'ero in prima media, ho dovuto abbandonare la casa dove sono cresciuta, quella della mia infanzia, per via del divorzio dei miei genitori.

Io, mia madre e mio fratello siamo andati a vivere dalla nonna materna. Sarebbe dovuta essere una sistemazione temporanea, che poi è durata invece sette anni.

Non avevo più una cameretta per me, dormivo insieme a mia nonna, nella sua camera, aspettando il momento in cui finalmente ne avrei avuta una nuova.

Ho passato gli anni a collezionare oggetti che poi mettevo da parte per quel giorno, e in seguito, ho collezionato libri, tenendoli chiusi in un mobile, in attesa che arrivasse il giorno in cui avrei potuto metterli in ordine dentro a una libreria.

Ma anche se non avevo spazio dove metterli, da quel giorno i libri hanno avuto un solo significato.

Leggere, chiudermi nel mondo delle parole ed escludere il resto.

Mentre leggevo, ero me stessa, ero a casa.

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